15 Gennaio 2023 - 05:00
Ci sono conti che non tornano nella partita del caro benzina. Il taglio delle accise introdotto nel marzo 2022 dal Governo Draghi non è stato confermato dal Governo Meloni e, di conseguenza, a partire dal primo gennaio i prezzi alla pompa sono volati alle stelle.
Il problema è che non c’è proporzione fra il mancato «sconto» governativo e i rincari: se il taglio delle accise valeva circa 30 centesimi al litro (da novembre sceso a 18,3), nel 2023 i prezzi di benzina e gasolio sono aumentati anche di mezzo euro al litro, più del doppio, tanto che le associazioni dei consumatori (ma anche molti esponenti politici di opposizione e della stessa maggioranza) hanno urlato alla speculazione, accusa che non è piaciuta ai gestori delle stazioni di servizio, finiti loro malgrado fra l’incudine e il martello.
L’ira dei benzinai - «contro di noi un’ondata di fango», hanno protestato, complice l’iniziale idea del Governo di introdurre l’obbligo di esporre il prezzo medio nazionale accanto ai prezzi praticati da ogni singola pompa - ha spinto i sindacati di categoria a indire uno sciopero generale per il 25 e il 26 gennaio. Tale protesta è stata però congelata nelle ultime ore in attesa di un incontro chiarificatore con il Governo convocato per dopodomani. Ma quali margini di manovra esistono per uscire dall’impasse? Difficile dirlo.
L’unica certezza, al momento, è che sono (siamo...) tutti scontenti: i benzinai si dicono offesi per essere stati dati in pasto all’opinione pubblica come avidi speculatori (accusa che dovrebbe eventualmente essere rivolta alle compagnie, non ai singoli operatori); gli automobilisti sono infuriati perché il pieno è tornato a costare come nei giorni più caldi della guerra russo-ucraina (con punte addirittura superiori ai 2 euro e 50 al litro in autostrada) e il Governo arranca fra le ambigue promesse della campagna elettorale e la necessità di far quadrare i conti della manovra («Se avessimo confermato il taglio delle accise non avremmo potuto aumentare il fondo destinato alla sanità e all’assegno unico per i figli o gli aiuti alle famiglie per pagare le bollette», ha ammesso la premier Giorgia Meloni, sottolineando che la scelta era fra «misure di giustizia sociale», quindi destinate ai più poveri, e «aiuti per tutti», quindi anche per i ricchi).
Martedì si troverà un punto di equilibrio? Chissà. L’unica certezza, per ora, è che in base ai report dell’Unione Europea l’Italia è il secondo Paese del continente in cui la benzina costa di più: in media 1,910 euro al litro, rispetto ai 2,152 euro della Svezia, la nazione in cui il gasolio costa di più. Il mistero è come la benzina verde possa costare solo 0,665 euro al litro in Bulgaria e, addirittura, il diesel solo 0,553 a Malta, poco più del costo vivo della materia prima in Italia. Il «segreto» probabilmente sta tutto nelle altre voci che concorrono a determinare il prezzo finale dalla Val d’Aosta alla Sicilia: l’Iva, il margine di guadagno dei distributori e le famigerate accise. Se quando si fa il pieno bisogna moltiplicare il costo base per quattro è evidente che i conti non tornano.
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