+39 0372 404511

Cerca

LA PROVOCAZIONE

Politica, vaccini e morale, Don Piccinelli: «Scrivetemi e lamentatevi»

L’arciprete di Soresina invita i fedeli a sottolineare cosa non va prima della visita pastorale del vescovo

Andrea Niccolò Arco

Email:

andreaarco23@gmail.com

05 Ottobre 2022 - 05:05

Politica, vaccini e morale, Don Piccinelli: «Scrivetemi e lamentatevi»

SORESINA - Alcuni fedeli, una netta minoranza a dirla tutta, scrivono sui social (soprattutto) o direttamente al parroco (che i social non li ha) don Angelo Piccinelli per lamentarsi. Lui risponde con una lettera aperta sul bollettino parrocchiale, riportando senza paura e senza censure critiche e risposte e chiedendo, semmai, di fargliene altre e ancora di più. E in quelle già consegnate c’è un po’ di tutto, dalla politica ai vaccini, dall’etica alla morale. Tutti temi su cui, inevitabilmente, un prete si esprime ogni giorno. Ma non a tutti questo va a genio. Infatti il sacerdote diventa poi «troppo amico dei musulmani», «troppo indulgente coi divorziati» e ancora «troppo di sinistra» e ironicamente pure «troppo di destra». Il don però non si tira indietro: «Mi sento, in coscienza, il parroco di tutti: il mio servizio prescinde da qualsiasi considerazione di merito sulle persone, sulle loro scelte, sulle loro opinioni».

Don Piccinelli


Si intitola «Cahiers de doleances», come le lettere di protesta del 1600 e 1700, l’ultimo bollettino della parrocchia di San Siro. L’arciprete nel suo messaggio, in sostanza, invita i soresinesi a lamentarsi di lui prima che arrivi il vescovo Antonio Napolioni per la visita ufficiale di febbraio. E pure dopo o durante. «Il contenuto, con cui invito i fedeli a lamentarsi di tutto ciò che non apprezzano del loro parroco o della parrocchia, è certamente una piccola provocazione – spiega l’autore – ma unicamente per far riflettere. Non c’è alcun intento divisivo e non vorrei mai che parlarne ne generasse uno distruttivo. Ho semplicemente voluto riportare delle critiche che mi sono realmente state mosse, apertamente, soprattutto via social. Ma sia chiaro – conclude –, questo non significa che esista una parrocchia divisa. Questi sono casi estremamente isolati».


Ma quali sono state queste critiche così aspre? Piccinelli le riporta parola per parola citando le più suggestive degli ultimi 12 anni. «Si va, parlando del parroco – scrive in terza persona – dalla troppa simpatia verso gli Islamici, tanto da meritargli il titolo di parroco dei mussulmani, alle frequenti ingerenze politiche, la pretesa che i cattolici militanti a sinistra siano divisivi tra i compagni di partito sui temi della bioetica, dell'aborto, della teoria di genere, della libertà di educazione scolastica e che quelli militanti a destra siano divisivi sui temi dell'accoglienza e della solidarietà avendo il coraggio di smarcarsi dalle istanze populiste e sovraniste emergenti; dall'eccessiva indulgenza verso le situazioni di disordine familiare, divorziati e conviventi coinvolti come volontari in parrocchia e in oratorio, all'insistente rivendicazione di rispetto verso gli stranieri, che non sono i giargiani ma i nuovi arrivati; dalla riprovazione ironica di bizzarrie o intemperanze tipicamente soresinesi, all'accettazione incondizionata e acritica del magistero di papa Francesco; dai difetti caratteriali che irritano i fedeli di san Siro alle vistose incoerenze tra il dire e il fare».

C’è persino chi, durante la pandemia, ha accusato il don di prendersela coi No Vax. Ecco l’ultima delle missive: «Lei, che parla tanto spesso di accoglienza, di fraternità e di amore al prossimo – scriveva un soresinese in risposta al testo del sacerdote Lettera a Un Amico No Vax – disquisisce beffardamente su chi si comporta diversamente da lei calpestando di fatto la libertà di scelta di ognuno di noi, ghettizzando chi si dissocia dal pensiero unico e creando divisione anziché unione nel popolo che lei dovrebbe spiritualmente guidare».

Piccinelli risponde anche all’anonimo antivaccinista: «Mi si rimprovera di essere ‘beffardo’: a me non pare di trattare qualcuno in modo sarcastico e offensivo. Né di ghettizzare o escludere chicchessia. Ma rivendico la libertà e il dovere morale di dare voce alla Chiesa che indegnamente rappresento. Mi si accusa di essere divisivo – aggiunge – certamente non più del vescovo e del papa. E dello stesso Gesù, cui il Vangelo attribuisce parole inequivocabili, e cioè: Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. I fautori della condanna e della crocifissione di Cristo furono proprio i difensori della fede e i custodi della verità, che gli imputarono di bestemmiare Dio, di dividere il popolo, di trasgredire la legge divina».

La chiosa con la presa di posizione netta: «Non credo di agire da cortigiano o da propagandista di nessun partito o governo in carica: non mi lascio mettere facilmente il bavaglio sulla bocca, né dai potentati locali né dal regime di turno. Cerco, piuttosto, di essere un cittadino consapevole e un servo, inutile ma orgoglioso, della Chiesa che da sempre mi è madre e maestra, e sopporta pazientemente anche il ministero di un prete come me. Il resto lo conosce solo Dio».

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400