17 Luglio 2022 - 05:30
Il bello della democrazia è che in democrazia ognuno è libero di avere una propria idea, un’opinione, un punto di vista. E di manifestarla senza censure, purghe o addirittura strane scomparse dalla scena pubblica come avviene in tante parti del mondo (una a caso: la Russia di Putin, ma non se la passano tanto bene neppure in Corea, in Cina o in certi Paesi arabi integralisti).
Da noi, per fortuna, esiste la libertà di espressione e di dissenso, tanto che di fronte alle dimissioni di Mario Draghi da Presidente del Consiglio in questi giorni c’è chi ha esultato come se l’Italia avesse vinto i Mondiali di calcio.
«Via! Finalmente! Liberi! Se ci sono tanti problemi, l’inflazione che galoppa e la povertà che dilaga, è tutta colpa del Governo... SuperMario? Un giullare di Biden... Stop ai poteri forti... Ridiamo la parola al popolo...» sono solo alcuni dei commenti letti sui social o ascoltati dal vivo. E neppure i peggiori.
Al netto del diritto all’opposizione e alla libertà di pensiero, l’impressione è che molti improvvisati politologi non abbiano ben chiaro cosa rischia l’Italia con l’ennesima crisi di Governo della storia repubblicana: poco importa, per esempio, se l’Europa bloccherà la seconda rata del Pnrr che vale 21 miliardi di euro e di cui Draghi era considerato l’unico garante. Poco importa se gli aiuti destinati a sostenere imprese e famiglie in difficoltà a causa del caro energia andranno in fumo. Poco importa se il piano di stoccaggio del gas che dovrebbe garantirci un inverno al caldo si bloccherà. Poco importa se il percorso avviato con sindacati e datori di lavoro per ridurre il cuneo fiscale si interromperà bruscamente.
Poco importa, ancora, se la ferma posizione atlantista dell’Italia di fronte all’atroce invasione russa dell’Ucraina è destinata a vacillare. Come nelle rivoluzioni di piazza, a qualcuno importa solo di aver abbattuto il simbolo dell’unità nazionale, quel Mario Draghi che il New York Times (non Tik Tok) ha definito «il Titano che ha salvato l’Europa».
Attenzione al particolare: il NYT ha definito Draghi il salvatore dell’intera Europa, non solo dell’Italia primatista mondiale di debito pubblico, evasione fiscale, assistenzialismo e autolesionismo. Secondo l’autorevole quotidiano, Draghi «ha guidato l’Italia fuori dai giorni peggiori della pandemia di Covid e ha inserito nel governo tanti esperti altamente qualificati che l’hanno scossa dal suo malessere politico ed economico, rafforzandone la posizione internazionale e restituendo fiducia agli investitori».
Non solo: grazie a SuperMario «l'Italia è stata la prima grande nazione occidentale a sostenere pubblicamente l’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea» e «la sua mano ferma al volante ha aiutato l'Italia a ricevere oltre 200 miliardi di euro dall’Europa, ha avviato riforme al sistema giudiziario e fiscale, ha snellito la burocrazia e ha trovato fonti di energia lontano dalla Russia, comprese le rinnovabili».
Per tutto questo, se Draghi non tornerà al suo posto, si creerà una «potenziale calamità non solo per l'Italia, ma per tutta l’Europa» e - aspetto che più preoccupa gli Usa - «si apriranno le porte politiche a forze molto più solidali con Putin».
Certo, anche l’opinione del prestigioso quotidiano americano è di parte - un’opinione, appunto, non una verità assoluta - ma la posizione del New York Times la dice lunga sulla credibilità di cui Draghi gode a livello internazionale e che ha saputo trasferire dalla sua figura all’intero Paese e sui rischi che la sua definitiva uscita di scena aprirebbe per l’Italia, per l’economia nazionale, le imprese già ammaccate da caro energia e pandemia e per milioni di famiglie già alle prese con i conti che non tornano.
Chi pensa che le elezioni anticipate possano diventare la panacea di ogni male è libero di farlo, naturalmente. Ma nessuno ha il diritto di barattare il proprio tornaconto elettorale con la tenuta del Paese e di inseguire qualche posto in Parlamento in più giocando sulla pelle degli italiani.
Oltretutto, come ha ricordato il filosofo Massimo Cacciari su la Stampa, «un italiano su due non va più a votare e tra questi la metà non arriva alla fine del mese», il che prelude «a una drammatica situazione di disordini sociali, mentre il debito pubblico continua a salire, si va avanti con i bonus e con il reddito di cittadinanza, così che da Milano a Venezia bar e ristoranti non riescono a trovare camerieri, salvo pagarli in nero, perché se li regolarizzassero perderebbero i loro sussidi».
Se aggiungiamo la preoccupazione espressa ieri su queste stesse colonne da tutti i rappresentanti delle categorie economiche (industriali, artigiani, commercianti, agricoltori…) e oggi - con gli stessi toni - dai leader sindacali, non si capisce cosa ci sia da festeggiare per l’irresponsabile scelta del M5S di ritirare la fiducia al Governo e per conseguenti dimissioni del Presidente del Consiglio.
La vignetta che correda questo articolo - uno dei tanti meme apparsi sui social e sul web nelle ultime ore - può forse strappare un sorriso. Ma è un sorriso amaro. Viva l’ironia, ma un aereo che solca i cieli senza pilota è una prospettiva davvero inquietante.
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