08 Marzo 2022 - 05:30
Sull’origine della Festa della Donna - più opportunamente: la Giornata internazionale della donna, che si celebra oggi in quasi tutto il mondo - esistono almeno due correnti di pensiero: la prima fa risalire la scelta dell’8 Marzo al ricordo di una tragedia che sarebbe avvenuta nel 1908 a New York (centinaia di operaie morte nell’incendio di una fabbrica di camicie, in realtà inesistente; probabilmente l’evento fu confuso con un rogo avvenuto tre anni più tardi con 146 vittime, 123 donne e 23 uomini); la seconda fa riferimento a una grande manifestazione organizzata nel 1917 dalle donne di San Pietroburgo (allora capitale dell’Impero Sovietico) per chiedere la fine della Prima Guerra Mondiale. A un secolo di distanza, la suggestione della seconda teoria è potentissima. Che bello se oggi a Mosca le donne potessero scendere in piazza per fermare Vladimir Putin e il suo folle piano di invadere l’Ucraina! Purtroppo, la realtà è un’altra: la realtà è fatta di centinaia di migliaia di donne in fuga dalla guerra, con un figlio in braccio, il cuore spezzato e il marito rimasto a combattere al fronte.
Non mancano le donne in marcia in direzione opposta, migliaia di badanti con gli occhi pieni di lacrime e le mani gonfie, richiamate «a casa» dal senso di appartenenza e da un ingiustificato senso di colpa: vivere al sicuro, mentre le famiglie d’origine (al quale hanno sempre inviato ogni euro guadagnato al nostro servizio) lottano per la sopravvivenza. Negli ultimi anni l’8 Marzo è stato soprattutto un giorno di riflessione sulla disparità salariale che ancor oggi penalizza le donne, sul tetto di cristallo che le esclude dai più alti livelli di responsabilità e di comando e nessuna “quota rosa” potrà mai compensare; ancor peggio: sulle violenze che troppe donne sono costrette a subire da parte di uomini vigliacchi e senza onore . Le ragioni per provare a cambiare la storia non sono mai mancate. Stavolta, però, c’è una ragione in più per celebrare l’8 Marzo. Oggi c’è un’urgenza ancora più grande: fermare la guerra. Salvare le nostre mamme, le nostre figlie, le nostre sorelle ucraine. Perché è giusto. Perché lo meritano. Soprattutto, perché una cosa è certa: dipendesse da loro, le donne non la farebbero mai, una guerra.
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