18 Marzo 2025 - 05:30
CREMONA - Colano a picco le esportazioni cremonesi, trascinate dal rallentamento del mercato manifatturiero. Il crollo dell’export della provincia, negli ultimi tre anni, marcia alla velocità che si avvicina alle due cifre percentuali: lo mettono nero su bianco i dati Istat, secondo i quali il valore delle esportazioni del 2024 sarebbe sceso del 7,5% rispetto al 2022. Un mercato che vale 6 miliardi, contro i 6,4 di due anni fa. Rallentano anche le importazioni, che precipitano da 7,1 a 6,6 miliardi (-7%). La provincia rimane una realtà che acquista più di quanto vende, con una differenza di 614 milioni di euro che pende dalla parte dell’import.
Il colpo più duro è inferto alle attività manifatturiere, che rimangono il settore trainante del territorio cremonese: con un valore di 5,9 miliardi di euro, da sole costituiscono il 98% dell’export totale. Guardando alla situazione di tre anni fa, l’esportazione dei prodotti delle attività manifatturiere ammontava a 6,4 miliardi (sempre con un impatto enorme sul volume totale, pari al 99%). I dati evidenziano che il mercato sta rallentando la corsa, con perdite del valore di 500 milioni di euro.
La batosta vera e propria, però, risale al 2023, quando il mercato manifatturiero ha subito una ripida battuta di arresto, con 400 milioni persi in un solo anno. Considerando gli ultimi due, al contrario, le esportazioni si sono mantenute su cifre tutto sommato simili, con perdite contenute: i numeri registrati nel 2024 non si allontanano molto da quelli del 2023, evidenziando un volume di perdite complessive dell’1,6%.
I dati dimostrano, dunque, che il mercato manifatturiero nel suo insieme sta perdendo il suo dinamismo. La controprova viene dai dati dell’import, che restituiscono un’immagine simile a quella dell’export. Nel 2022, il valore delle importazioni del settore manifatturiero ammontava a 6,6 miliardi di euro, mentre lo scorso anno si è abbassato a poco più di 5,9 miliardi. Calcolatrice alla mano, abbiamo importato 22 milioni di euro in più di quanto abbiamo esportato.
La situazione è simile anche per gli altri settori. Nell’ambito dei prodotti dell’estrazione mineraria, l’export cremonese è passato da 1,4 milioni del 2022 a 1,7 milioni dell’anno seguente, per poi calare nuovamente nel 2024, restituendo un valore di 995mila euro. I numeri restano nettamente inferiori a quelli delle importazioni, che superano i 7 milioni di euro.
Per quanto riguarda le ICT, il mercato impenna rispetto al 2023, passando da 953mila euro a 1,4 milioni (+46%), ma rimane su cifre inferiori a quelle registrate nel 2022 (1,6 milioni). Crescono, invece, le importazioni, quasi raddoppiate tra il 2022 e il 2024 (da 582mila euro a 1,09 milioni di euro). Al di là del volume ridotto del mercato, i dati sottolineano che il settore delle comunicazioni è l’unico per cui Cremona esporta molto più di quanto acquisti da altri Paesi, con un delta di quasi 400mila euro. In questo quadro, non mancano però alcuni segnali debolmente positivi. ‘Debolmente’, perché la bilancia commerciale, in ciascuno dei casi in cui l’export cremonese cresce, continua a pendere dalla parte dell’import.
L’andamento dell’export di prodotti legati al primo settore (agricoltura, silvicoltura e pesca), che è secondo al manifatturiero per impatto sul mercato complessivo, prosegue la sua corsa, restituendo un dato 2024 migliore di quelli dei due precedenti: da 32 a 33 milioni in tre anni, dopo un 2023 meno brillante (con esportazioni pari a 23 milioni). Anche le importazioni, però, continuano ad aumentare: sono cresciute, in tre anni, del 6,2%. In questo senso, la bilancia commerciale qualifica il territorio cremonese come realtà importatrice (237 milioni importati contro 33 esportati).
Altri buoni segnali vengono da mercati con un volume minore. Alla voce ‘attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento’, i dati permettono di apprezzare una crescita rispetto al 2022, per un totale di 73 mila euro. Anche se siamo anni luce dall’exploit del 2023 (5,7 milioni). Su questo fronte, però, Cremona continua ad importare molto di più, anzi, sempre di più: nello stesso 2024, le importazioni valevano 849mila euro.
Cenni positivi anche dall’export di prodotti di attività di trattamento rifiuti e risanamento, con un mercato sempre più dinamico (dai 4,3 milioni del 2022 ai 9,4 milioni del 2024), anche se l’import rimane nettamente superiore (370,7 milioni). Il confronto import-export, infine, migliora alla voce ‘merci dichiarate come provviste di bordo, merci nazionali di ritorno e respinte, merci varie’: la bilancia pende sempre dalla parte delle importazioni (46,1 milioni importati contro 26,5 milioni esportati nel 2024), ma le esportazioni triplicano (nel 2022 erano 8,5 milioni).
Secondo i dati provvisori del 2024, Cremona sembra aver retto il colpo assestato dalla crisi tedesca. Analizzando i numeri elaborati da Istat, con un focus sul settore manifatturiero (che vale il 98% delle esportazioni), sul totale dei 4,8 miliardi di euro ricavati dall’export verso l’Europa, 1,01 miliardi sono il frutto di rapporti commerciali con la Germania. Che, anzi, ha importato un volume di prodotti maggiore (anche se di poco) rispetto all’annata 2023, durante la quale le aziende manifatturiere della provincia di Cremona hanno esportato prodotti per un valore complessivo di 965 milioni di euro.
Bene, ma non benissimo. Il segno della crisi rimane evidente, tenendo conto che, ad ogni modo, i ricavi del 2024 si attestano al di sotto del dato del 2022 (1,27 miliardi di euro); in ogni caso, l’incremento rispetto al 2022 lascia ben sperare. Altro elemento da considerare è la voce della bilancia commerciale, che continua a pendere a sfavore delle esportazioni. Sempre sul fronte tedesco, Cremona continua ad importare più di quanto esporta: il trend rimane tutto sommato stabile, passando dagli 1,8 miliardi del 2022, ai 2 miliardi del 2023, per poi riassestarsi a quota 1,8 miliardi del 2024.
La Germania rimane un partner prediletto se comparato ai grandi mercati internazionali, come quello americano e cinese. Sul fronte manifatturiero, anzi, l’export diretto verso la Germania, come volume, è comparabile a quello diretto verso la totalità dei Paesi extra-Ue, che nel suo insieme valeva 1,59 miliardi nel 2024. La controprova arriva esaminando i mercati con i maggiori Paesi importatori di merci cremonesi al di fuori del territorio dell’Unione, come Stati Uniti e Cina. Nel 2024, l’export cremonese diretto verso gli Stati Uniti ammontava a 435 milioni di euro, in crescita rispetto all’annata precedente (416 miliardi) e sostanzialmente in linea con il dato del 2022 (435 miliardi). Anche se le esportazioni battono le importazioni, che lo scorso anno superavano di poco la quota 60 milioni.
Sul fronte manifatturiero, invece, rimane ancora relativamente ridotto il rapporto con la Cina. Nel 2024, le esportazioni dirette verso le terre del Dragone ammontavano a 56 milioni di euro. Frutto di un raffreddamento che sta durando da tre anni: erano 60 milioni nel 2023 e 91 milioni nel 2022, a fronte di importazioni molto più consistenti. Nello scorso triennio, la tendenza delle importazioni dalla Cina scendono in modo graduale (311 milioni nel 2022, 210 milioni nel 2023, 208 milioni nel 2024).
La medaglia d’oro dell’export va al settore lattiero caseario della provincia, con incrementi record a fine anno. Nel 2024, i formaggi della Provincia di Cremona hanno conquistato il mondo. Primo tra tutti, il Grana Padano, che ha esportato il 52% della sua produzione. «Sul fronte agroalimentare – commenta Giovanni Guarneri, vicepresidente Plac Fattorie Cremona – osserviamo una crescita delle esportazioni. L’export di Plac nel 2024 si è attestato a 27 milioni, con un incremento dell’8,5% rispetto all’anno precedente, servendo 50 Paesi in tutto il mondo. L’elemento di traino, ovviamente, è il Grana Padano, il più performante tra i prodotti lattiero caseari, seguito da eccellenze come il Provolone Val Padana o il Parmigiano».
La supremazia del Grana Padano sarebbe confermata anche dai dati nazionali: «Il Grana esporta il 52% della sua produzione – prosegue Guarneri – in un contesto di export lattiero caseario nazionale che, complessivamente, vale 5,6 miliardi. Cremona, per il Grana Padano, è una delle provincie più importanti, e l’export locale ne risente positivamente».
Secondo Guarneri, la ricetta per un export forte sta in due leve, «una di marketing e una commerciale organizzativa. Nel nostro caso, la prima si esprime meglio, perché il Consorzio Grana Padano imposta campagne di comunicazione molto importanti. Il secondo aspetto è la condizione necessaria che permette di far pervenire i prodotti dove esiste la domanda: c’è un gruppo non numeroso di imprese (11-12 aziende) che fa questo sforzo di gestione e tenuta di rapporti commerciali, che ha un costo significativo. La contropartita, naturalmente, è data da un portafoglio di clienti differenziato, nonché da un aumento del fatturato. Ma le conseguenze positive ricadono su tutti i produttori».
La conferma arriva da Stefano Berni, direttore generale del Consorzio di tutela del Grana Padano: «Il Grana Padano è in netta crescita – spiega – ha superato anche le nostre previsioni, arrivando ad un incremento del 9,15% sull’export. In Italia c’è stato un calo dei consumi, ma siamo nettamente cresciuti nelle esportazioni. Cremona, come produzione, è la terza provincia».
«Le eccellenze agroalimentari del nostro territorio fanno da traino all’’export – commenta Cesare Soldi, presidente della Libera Associazione Agricoltori Cremonesi – tra queste spiccano il Grana Padano e il Provolone. Segno positivo anche per le esportazioni verso gli Stati Uniti, dove la crescita della domanda potrebbe essere stata accentuata in parte anche dal timore dei dazi. La richiesta di prodotti del nostro settore sta nel complesso crescendo e merita di sicuro l’ attenzione e il supporto da parte della politica e delle istituzioni locali e non solo».
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