La pioggia continua insistente. Gli animi sono abbattuti. Il clero e le autorità civili dei vari paesi sono sul luogo dell’immane cimento ad incoraggiare e lavorare. Tutti sono compresi dello spaventoso pericolo che sovrasta (...) In breve tempo tutta la bassa lodigiana non è che un mare sterminato e impressionante»: lo scriveva, nel novembre del 1907, «Il Popolo », il giornale di Codogno, raccontando della piena di un paio di settimane prima. Nel Cremonese, la situazione non era certo diversa in quei giorni. Il Po sfondava gli argini, rogge e canali esondavano, l’acqua allagava i campie le cascine, costringendo uomini e bestie — accomunati nella fatica e nella paura —a fuggire, a sfollare altrove. Si possono immaginare questi mesti ‘sanmartini’, i carretti carichi di masserizie e di povere cose, i bambini senza lacrime appesi alle gonne delle donne, il fango che rende pesante i passi, qualche anziano sui carri, i campi trasformati in un mare di melma, il paesaggio quotidiano trasfigurato dalla piena. C’è un dipinto di Carlo Vittori che sembra realizzato in presa diretta, quasi una fotografia dei piccoli, tragici esodi di quei giorni d’autunno.
«L’ho trovato a Vienna — spiega Emanu ele Mot ta, titolare della galleria d’arte Quadreria dell’800 a Milano e appassionato cultore di pittura (e non solo) del XIX secolo —, e ci tengo a farlo conoscere ai cremonesi. E’ molto probabile che la cascina che si vede sullo sfondo sia reale e che esista tuttora. Il pittore sembra avere avuto una suggestione diretta di ciò che ha in seguito raffigurato». Conosciuto anche a Cremona per aver partecipato a CremonAntiquaria, a CremonaFiere, Motta si appassiona nel tratteggiare un periodo—l’Ot t oc en to , appunto — che ha contribuito a fare l’Italia migliore, sostenuta in Lombardia da una borghesia illuminata attenta al sociale e all’etica del lavoro. Anche gli artisti, pur nelle loro differenze stilistiche, non furono estraneia questi temi, e lo stesso Vittoriha lasciatomolte operecheraffigurano, con evidente partecipazione emotiva, la fatica e l’impegno quotidiano di uomini e donne. Il dipinto ritrovato da Motta esula solo parzialmente da questi temi. Si intitola Esodo e un raffronto stilistico lo avvicina all’opera Sul Po esposta alla Mostra della Permanente di Milano del 1909. A Motta è bastata una rapida ricerca in Internet per rintracciare notizie della piena del 1907 — una delle tante, ogni quattro o cinque anni il Po esondava—e datare quindi con presumibile certezza il dipinto. «La prima impressione — sostiene Motta —è un’immagine di desolazione, visto il tema forte. Ma in realtà questi contadini che lasciano i campi stanno marciando verso una luce di speranza, verso il sole. Anche nel loro caso è la forza del lavoro e della dignità delle persone che si impone. Esodo è un quadro pieno di luce». (...) Barbara Caffi
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