L'INTERVISTA
Giugno 2024
CREMONA - Aveva voluto essere presente, il 13 maggio scorso, alla messa a dimora di quelle piantine. Ma il primo, piccolo, campo italiano sperimentale, a Mezzana Bigli (Pavia), di riso ottenuto con le Tea (Tecnica di evoluzione assistita) è stato completamente distrutto da ignoti. «È una violenza contro la ricerca pubblica italiana», accusa Elena Cattaneo, senatrice a vita e scienziata di fama internazionale, docente dell’Università degli Studi di Milano e direttrice del Laboratorio di Biologia delle cellule staminali e Farmacologia delle malattie neurodegenerative.
Senatrice Cattaneo, cosa pensa di questo atto di distruzione?
«Penso sia stata compiuta una violenza contro la ricerca pubblica italiana, contro i ricercatori dell’università di Milano che hanno messo in quelle piantine i loro anni, le loro idee, la speranza per tutti. È inoltre una violenza contro la proprietà di un imprenditore, Federico Radice Fossati, che ha messo a disposizione, nel pieno rispetto dei protocolli approvati, gli spazi agricoli necessari per consentire un avanzamento della conoscenza per tutti. Chi ha agito, nell’anonimato e nell’oscurità, probabilmente ignora che la varietà sperimentale di riso messa a punto dai ricercatori dell’università di Milano vuole diminuire l’utilizzo di fitofarmaci, essendo realizzata per resistere al brusone, la più grave patologia fungina del riso. Chi ha distrutto il campo, avrebbe semplicemente potuto chiedere: la conoscenza cui si mira è accessibile a tutti».
Temeva un gesto simile?
«Sinceramente no. La sperimentazione in campo era partita con il pieno supporto sociale, delle amministrazioni pubbliche e della politica, in uno spirito pragmatico di condivisione e di entusiasmo per le potenzialità di questa ricerca. Non credevo che, dopo più di vent’anni da quando si sono diffuse le prime false notizie terroristiche sulla genetica vegetale, vi fossero ancora gruppi organizzati che basano la propria azione sulle stesse falsità».
Ritiene si tratti di un atto di ecoterrorismo isolato o del segnale violento di un ostracismo più generalizzato verso la ricerca in agricoltura?
«Confido si tratti di un gesto isolato, a opera di poche persone incapaci di argomentare e razionalizzare ciò che rifiutano. Perché il valore di quelle piantine e del lavoro di quei ricercatori è semplice da spiegare e comprensibile a tutti. Il problema è che le fake news sui presunti pericoli dell’innovazione in campo agricolo possono risultare seducenti e fare da combustibile per gli animi più infiammabili di una società molto polarizzata, disabituata al dialogo e allo studio. Ma è importante, direi vitale, ricordare che l’uomo, da quando ha iniziato a praticare l’agricoltura, ha sempre perseguito ogni possibile innovazione, raffinando nei secoli gli strumenti a disposizione».
Perché è importante questa sperimentazione?
«Molte delle ricerche (come d’altronde quella di Vittoria Brambilla) si concentrano proprio sulle nostre varietà tipiche di pregio, che rischiamo di perdere: lo scopo è aumentarne la qualità, la resistenza ai patogeni e ridurre la necessità di trattamenti e pesticidi».
Potrà riprendere? Lì o altrove?
«La parola da usare non è ‘riprendere’, ma ‘continuare’. Si continuerà, si sta già continuando con molte richieste di sperimentazione di piante genome edited prodotte dai nostri ricercatori, in molte parti del Paese, che – sostenuti dalla politica – vogliono ridurre anche le dipendenze dall’estero per quanto riguarda gli approvvigionamenti. Sono molti gli imprenditori illuminati e tante le amministrazioni locali che si vogliono candidare ad offrire condizioni sicure di studio e sperimentazione ai nostri brillanti studiosi».
Che differenza c’è tra Tea e Ogm?
«Dal punto di vista scientifico si può definire OGM un organismo vivente che possiede un patrimonio genetico modificato tramite la tecnologia del DNA ricombinante, che comporta l’aggiunta, l’eliminazione, la modifica di componenti genici. Grazie all’editing genomico, oggi è possibile agire sulla pianta di cui si vuole migliorare le caratteristiche non più inserendo geni esterni (come per gli OGM) ma modificando ‘chirurgicamente’ solo una o due lettere del suo genoma interno (composto da miliardi di lettere), in corrispondenza di geni che esprimono la caratteristica che si vuole rafforzare o eliminare».
In passato lei ha criticato l’atteggiamento sospettoso, la tiepidezza della politica verso la ricerca scientifica in agricoltura: la pensa ancora così?
«Sì, così come ho apprezzato la novità – ancorché timida — che ha accompagnato l’introduzione della disciplina per la sperimentazione in campo delle TEA. Il nostro paese sconta un racconto tossico che è stato fatto per decenni rispetto agli OGM (che però importiamo nell’ordine di decine di migliaia di tonnellate al giorno) – per marketing, esigenze politiche e economiche diffuse – senza spiegare che sono certificati per non essere nocivi per salute e ambiente, facendo risparmiare in agrofarmaci. Negli ultimi anni, le necessità di trovare soluzioni alle sfide ambientali che abbiamo di fronte (la siccità, l’aggressività dei parassiti) stanno rendendo chiaro a tutti che non esiste soluzione che non passi dall’innovazione e la ricerca scientifica».
Secondo il suo parere, analizzandolo in prospettiva, il raid nell’azienda in provincia di Pavia contribuirà a dare una scossa positiva alla politica o resterà tutto come prima?
«Confido che oltre alla condanna per quanto accaduto, Governo e Parlamento vogliano rispondere con atti concreti ‘uguali e contrari’, ad esempio difendendo, promuovendo e stabilizzando nel nostro ordinamento la possibilità di fare ricerca con le TEA nel Paese, superando il limite temporale al 31 dicembre 2024 della disciplina vigente. Se questa fosse la risposta, avremmo realizzato il miglior disincentivo al ripetersi di queste azioni».
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