AGRICOLTURA
Novembre 2022
ROMA - Diversificazione colturale e riduzione degli input esterni sono stati i capisaldi del progetto H2020 Diverfarming, appena concluso dopo 5 anni di attività. Il progetto, che ha coinvolto otto Paesi e di cui il Crea è stato il referente per l’Italia e il Nord-Mediterraneo, ha avuto come obiettivo quello di costruire sistemi colturali diversificati e a bassi input chimici, in grado di garantire la resa delle colture, ridurre gli impatti ambientali e migliorare l’organizzazione dell’intera filiera produttiva. Nel dettaglio, in Italia i ricercatori del Crea - centri di Agricoltura e Ambiente, Cerealicoltura e Colture Industriali e Genomica e Bioinformatica -, in collaborazione con l’Università della Tuscia, il Consorzio Casalasco del Pomodoro e il Gruppo Barilla, hanno coinvolto gli attori chiave delle filiere di pomodoro, pasta e prodotti da forno, per definire le strategie di gestione maggiormente innovative e più adeguate da introdurre nelle aree pilota: Pianura Padana (Cremona, Mantova e Piacenza) e Capitanata (Foggia).
Il timore di perdere la redditività e la limitata formazione professionale di molti agricoltori sulla consociazione sono stati identificati come i problemi principali, mentre un punto di forza consiste nel fatto che le colture leguminose scelte come colture multiple da inserire nelle rotazioni di cereali e pomodori non sono solo adatte alle condizioni pedoclimatiche locali, ma sono anche ampiamente conosciuta dagli agricoltori. Inoltre, le pratiche di lavorazione minima - mantenendo la copertura delle colture, le rotazioni, l’applicazione di letame e il sovescio - sono risultate adeguate ed efficaci, senza aggravio di ulteriori costi, né di grandi investimenti in macchinari, né di agricoltori altamente qualificati. Occorre però rendere tali pratiche sempre più diffuse e condivise, integrandole strategicamente nelle politiche nazionali e impegnandosi sulla formazione degli agricoltori. (ITALPRESS)
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