CREMONA - Un jazz migrante, che si specchia nelle religioni e, nell’emarginazione, diventa fondamentalismo. La Parigi popolare e multietnica è al centro del poliziesco Arab Jazz, il libro di Karim Miské presentato in cortile Federico II dall’autore in compagnia della giornalista Gabriella Grasso e con un commento musicale affidato a due fra i più apprezzati jazzisti italiani: Rita Marcotulli al pianoforte e Luciano Biondini alla fisarmonica. Dai lontani echi di James Ellroy (il titolo è un omaggio a White Jazz), Arab Jazz ha la struttura di un classico poliziesco, ma la sua narrazione dal punto di vista tematico nasconde una molteplicità di temi cari al romanziere-documentarista. Primo fra tutti l’interesse per il fondamentalismo e la religione.
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